Accanto a Piazza del Plebiscito, simbolo della città di Napoli, sorge il tempio lirico italiano, con una data di nascita che anticipa di 41 anni la Scala di Milano e di 55 la Fenice di Venezia. Il Teatro di San Carlo è stato costruito nel 1737, per volontà del Re Carlo III di Borbone fortemente intenzionato a dare alla città un nuovo teatro che rappresentasse il potere regio. Il progetto è affidato all'architetto Giovanni Antonio Medrano, Colonnello Brigadiere spagnolo di stanza a Napoli, e ad Angelo Carasale, già direttore del San Bartolomeo, il quale completa la “real fabrica” in circa otto mesi con una spesa di 75 mila ducati. Il disegno di Medrano prevedeva una sala lunga 28,6 metri e larga 22,5 metri, con 184 palchi, compresi quelli di proscenio, disposti in sei ordini, più un palco reale capace di ospitare dieci persone, per un totale di 1379 posti. […] L'inaugurazione, avvenuta la sera del 4 novembre, giorno onomastico del sovrano, sfoggia l'Achille in Sciro di Pietro Metastasio, con musica di Domenico Sarro e “due balli per intermezzo” creati da Gaetano Grossatesta; le scene sono di Pietro Righini. […] La ristrutturazione del Teatro porta la firma dall'architetto e scenografo Antonio Niccolini (1772-1850). Il caposcuola del Neoclassicismo a Napoli interviene, a più riprese, sull'edificio che progressivamente acquisisce la fisionomia odierna. […] Con Niccolini il Teatro acquisisce, così, le connotazioni del tempio, diventando monumento-simbolo della città. Nella notte del 13 febbraio del 1816 un incendio devasta l'edificio del Massimo napoletano. Rimangono intatti soltanto i muri perimetrali e il corpo aggiunto. La ricostruzione, compiuta nell’arco di nove mesi, è sempre diretta da Antonio Niccolini, che ripropone a grandi linee la sala del 1812. […] Lo scrittore Stendhal, all'inaugurazione del 12 gennaio 1817, neanche un anno dopo l'incendio che aveva devastato il Teatro, scrisse: “Non c'è nulla, in tutta Europa, che non dico si avvicini a questo teatro ma ne dia la più pallida idea. Questa sala, ricostruita in trecento giorni, è un colpo di Stato. Essa garantisce al re, meglio della legge più perfetta, il favore popolare... Chi volesse farsi lapidare, non avrebbe che da trovarvi un difetto.  Appena parlate di Ferdinando (Borbone), vi dicono: "ha ricostruito il San Carlo!".

Giuseppe Verdi, entra nella storia del Lirico con la prima napoletana del suo Oberto, conte di San Bonifacio nel 1841. Sono anni d'oro per Mercadante coinvolto in una sorta di duello ideale con il compositore di Busseto. Dopo la Alzira, Verdi incalza a ritmo serrato con l'Ernani fiore all'occhiello della stagione del 1846 insieme a Gli Orazi e i Curiazi di Mercadante. Il cartellone targato 1847/48 punta su Attila e Nabucco e dopo la parentesi dei moti rivoluzionari il nuovo corso si apre con un altro titolo verdiano, I Lombardi alla prima Crociata, assoluta novità per Napoli. E ancora, a seguire, nella stagione 1849/50, tre prime opere scritte per il San Carlo: una di queste è di Verdi, che se la gioca con Mercadante in uno scontro ad armi pari. Mentre si chiude la parabola artistica di Mercadante, la stella verdiana brilla incontrastata. Dopo la prima romana, Un ballo in maschera – originariamente Gustavo III, opera scritta per il San Carlo e censurata nel 1858 – è accolta trionfalmente dal pubblico (1861/1862), come Aida del 1872, con la sublime Teresa Stoltz nel ruolo da protagonista. L'anno successivo Ricordi pubblica il Quartetto d'archi, unica composizione cameristica di Verdi, scritta appositamente per le “prime parti” dell'Orchestra del San Carlo.

Cenni storici tratti da www.teatrosancarlo.it

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ARCHIVIO
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Il 14 gennaio del 1858 a Napoli va in scena "Batilde di Turenna" (I vespri siciliani) al Teatro di San Carlo. La censura aveva già bloccato il progetto di "Una vendetta di domino" (che diventerà poi "Un ballo in maschera"). La popolarità di Verdi è straordinaria: il giornale Omnibus di Napoli narra che, essendosi tagliato i capelli si scatena la caccia alle ciocche tagliate. Il barbiere, avendo presto esaurite quelle originali, pensa bene di cedere, come appartenente al Maestro, anche quelle tagliate ad altri clienti. Pari richieste coinvolgono pettine e forbici, ceduti in grande numero a prezzo di amatore.

Da “Verdi 366 - Effemeride di una vita”. Ideazione, ricerche e testi di Gaspare Nello Vetro, traduzione di Mariangela & Co. Tecnografica s.n.c Parma (2001).


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