“Casa Verdi”. La chiamano così, da sempre. Niente “Casa di Riposo per Musicisti”, anche se quel “riposo”, voluto proprio da Verdi è così intenso e geniale; niente parole come istituzione, fondazione, istituto. Semplicemente “Casa Verdi”, come abitasse lì, come se chi va in quel luogo lo potesse incontrare. E lì è sepolto. C'è la cripta, solenne e un po' del gusto che riesce a essere insieme austero e quasi sovrabbondante, che è del poeta e librettista Boito e anche di suo fratello Camillo, architetto di questo palazzo.
Qualcosa di severo e di sontuoso, di non perfetto, ma di ordinato e simbolico, che è un po' il segno del teatro d'opera, e viene voglia, entrando, di saper cantare l'opera per poter pregare così, come faceva lui, laico e dubbioso ma costretto ad ammettere la necessità  di pregare proprio mentre faceva cantare.
Verdi è lì, morto, con accanto la sua sposa Giuseppina Strepponi. Un'indiscrezione che nasce da qualche confidenza dei discendenti del Maestro insinua che lui avesse pensato di aver tomba nella villa amatissima a Sant'Agata; e che poi, dopo aver scelto il nuovo luogo definitivo dell'ultimo riposo, avesse spiegato ai parenti: “Vi tolgo il fastidio di troppa gente che verrebbe a visitarmi da morto a casa vostra!”.
A Milano sanno tutti dov'è Casa Verdi. Chi non lo sa, è uno che viene da fuori, e se lo chiede a un passante, riceve pronta risposta. Quasi curioso questo fatto, che con tanta naturalezza un'iniziativa, un'istituzione, un luogo, una comunità , si siano inseriti familiarmente nell'esistenza di una città  dura e spesso indifferente come Milano.
Qualcosa di radicato, dentro la storia irrinunciabilmente. Pare che lo confermino i sondaggi, sui luoghi e sulle cose riconoscibili dei milanesi. Ma basta abitare a Milano per esserne sicuri. Si entra e si sente la storia che non invecchia. La modernità , l'aggiornamento, insomma la moda invecchiano. Le cose motivate, che esprimono una ragione buona, un'intelligenza concreta, un'occasione grande, vivono, proprio per quel che sono e senza uscire da un'immagine legata al loro tempo, la continuità  della storia.
Lì, in quel bell'ambientone ottocentesco, con le finestre grandi e gli spazi ampi, con i mobili che ci ricordano a volte quelli che abbiamo sempre visto nelle nostre case da generazioni, ma con qualcosa di importante, di intimo e solenne, ci si trova a proprio agio. Come in una casa della memoria che vorremmo lasciar sempre intatta, custodirla, con affetto.

Lorenzo Arruga, critico musicale oltre che regista e librettista, per la pubblicazione Il riposo dell'artista - La “Casa Verdi” di Milano edito dal Touring Club Italiano nel 2002.

Info:
www.casaverdi.org
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ARCHIVIO
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Potressimo andarvi
Carissimo Avvocato Seletti. Sono a Milano da jeri sera pel noto affare – Ricovero –
Vorrei vederne la località, e, se a Lei non dispiace, ed ha tempo, potressimo andarvi domattina con Boito e Giulio. Nel caso la pregherei di trovarsi al Hotel Milan un po' prima delle nove; vi sarà una vettura pronta; al ritorno faressimo colazione all'Albergo; e dopo .. liberi tutti.
Cordiali saluti.
Aff
Giuseppe Verdi

Nota di Giuseppe Verdi a Emilio Seletti, Milano, 31 maggio 1896.
Il terreno fuori Porta Magenta, sono già iniziati i lavori di costruzione della Casa di riposo su progetto dell'architetto Camillo Boito. Giulio è Giulio Ricordi.
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L'ultima opera più bella
“Delle mie opere, quella che mi piace di più è la Casa che ho fatto costruire a Milano per accogliervi i vecchi artisti di canto non favoriti dalla fortuna, o che non possedettero da giovani la virtù del risparmio. Poveri e cari compagni della mia vita! Credimi, amico, quella Casa è veramente l’opera mia più bella.”
Così scrive Giuseppe Verdi in una lettera all’amico Giulio Monteverde. E ancora oggi, vedendo Casa Verdi, non può stupire l’orgoglio del Maestro.

Dal 10 ottobre 1902 – quando entrano i primi ospiti – ad oggi, la Casa di Riposo Giuseppe Verdi ha accolto oltre mille persone, che nella vita si sono dedicate all’arte musicale in vario modo e che, giunti all’età della pensione, possono qui trascorre la loro vecchiaia in totale libertà e autonomia.
Non una casa di ricovero, dunque, ma di riposo dopo una vita dedicata alla musica. 


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