Le donne

Straordinariamente importante fu, nella vita del Maestro Verdi, il ruolo di donne davvero fuori dal comune: amiche e confidenti, sempre sostenitrici del suo immenso genio musicale.                  


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Margherita Barezzi
 (Busseto, Parma, 4 maggio 1814 – Milano, 18 giugno 1840)
Primogenita di Antonio Barezzi, fu la prima moglie di Verdi, conosciuto alla fine del 1830, quando il promettente compositore entrò in casa Barezzi per impartire a Margherita lezioni di pianoforte. Il fidanzamento ufficiale tra i due giovani avvenne il 16 aprile 1836, venti giorni prima dalle nozze, celebrate il 4 maggio presso l’Oratorio della SS. Trinità di Busseto. Dopo un breve viaggio di nozze a Milano, la coppia tornò a Busseto e si stabilì a Palazzo Tedaldi, che Antonio Barezzi aveva acquistato per loro.
L'anno successivo ed a breve distanza, nacquero due figli, Virginia (Busseto, 26 marzo 1837 - Busseto, 12 agosto 1838) e Icilio Romano (Busseto, 11 luglio 1838 - Milano, 22 ottobre 1839), che comunque morirono entrambi all'età di un anno. Nel febbraio del 1839, dopo che Verdi abbandonò il suo lavoro di maestro di musica, Margherita si trasferì a Milano seguendo devotamente il marito nei suoi sforzi iniziali per farsi strada nel mondo della musica. Presenziò al debutto della prima opera di Verdi rappresentata al Teatro alla Scala, l'Oberto, Conte di San Bonifacio, nel novembre del 1839. Morì l'anno successivo all'età di soli 26 anni a causa di una encefalite mentre Verdi stava componendo la sua seconda opera lirica, Un giorno di regno. Fu sepolta nel cimitero milanese del Fopponino di Porta Vercellina, oggi non più esistente: della sepoltura rimane una lapide a ricordo, apposta nel 1990 dalla Fondazione Giuseppe Verdi. Lo sterminato epistolario verdiano non conserva traccia di missive tra i coniugi.

Giuseppina Strepponi (Lodi, 8 settembre 1815 – Sant’Agata, Piacenza, 14 novembre 1897) 
Seconda moglie di Verdi, Giuseppina Strepponi fu un celebre soprano. Figlia del compositore Feliciano, studiò pianoforte e canto al Conservatorio di Milano; nel 1834 iniziò la sua brillante attività di cantante in Italia e a Vienna. Probabilmente Giuseppina Strepponi conobbe Verdi nella primavera del 1839, in occasione del fallito tentativo di mandare in scena Oberto, conte di San Bonifacio a causa dell’indisponibilità del tenore Napoleone Moriani. Una frequentazione più assidua tra il soprano e Verdi si stabilì durante l’allestimento del Nabucco, quando la Strepponi, ormai a fine carriera, vestì i panni di Abigaille. Un consulto medico aveva consigliato alla striscioni un periodo di riposo per non correre per seri pericoli, aveva infatti avuto problemi di salute. Tuttavia il soprano partecipò alle otto rappresentazioni dell'opera ma subito dopo si ritirò temporaneamente dalle scene. La cantante si dimostrò estremamente solerte nel perorare la causa del Bussetano presso l’impresario del Teatro alla Scala, Bartolomeo Merelli (dal quale la Strepponi ebbe almeno uno dei suoi tre figli), convincendo quest’ultimo ad inserire l’Oberto nella stagione d’autunno del 1839, così come si adoperò – su sollecitazione dello stesso Verdi – affinché il Nabucco trovasse una collocazione nel cartellone d’opera del 1842. Il soprano si ritirò dalle scene nel 1846 e, dopo aver delegato a terzi la custodia e l’educazione dei propri figli (pratica, questa, alquanto diffusa fra le cantanti dell’epoca), si trasferì a Parigi, città nella quale aprì una prestigiosa scuola di canto. Verdi la raggiunse nella capitale transalpina nel luglio del 1847 in concomitanza con la messa in scena della Jérusalem e già a partire dall’anno successivo i due trascorsero l’estate insieme nella casa di campagna di Passy. La perfetta padronanza del francese, è una discreta conoscenza dell'inglese, oltre ad una straordinaria capacità nei rapporti umani, le permisero di aprire molte porte a Verdi nel difficile mondo parigino e milanese. Nell’agosto del ’49 la coppia, in scandaloso regime di convivenza more uxorio, si trasferì a Busseto, suscitando lo sdegno degli abitanti della cittadina parmense, ai quali Verdi rispose piccato in una lettera ad Antonio Barezzi del 1852: «In casa mia vive una Signora libera indipendente, amante come me della vita solitaria, con una fortuna che la mette al coperto di ogni bisogno. Né io, né Lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni […]. Bensì io dirò che a Lei, in casa mia, si deve pari anzi maggior rispetto che non si deve a me, e che a nessuno è permesso mancarvi sotto qualsiasi titolo». Le nozze tra Verdi e la Strepponi verranno celebrate in forma strettamente privata il 29 agosto 1859 a Collonges-sous-Salève, borgo di cinquecento anime dell’Alta Savoia, allora Regno di Sardegna. La Strepponi rimase fino alla fine della sua ottuagenaria esistenza compagna e preziosa consigliera di Verdi, gestendo con diplomazia e competenza il ginepraio di rapporti che il Maestro intratteneva con le numerose personalità (impresari, editori, agenti, ecc.) dell’epoca.

Teresa Stoltz (Kostelec nad Labem, Boemia, 5 giugno 1834 – Milano, 23 agosto 1902)
Soprano boemo. Dopo aver cantato nella sua terra d’origine, in Russia e in Turchia, nel 1864 si stabilì in Italia, dove le sue interpretazioni verdiane (Il trovatore e Un ballo in maschera) ottennero straordinari successi di critica e pubblico. Nel ruolo di Elisabetta, diretta da Angelo Mariani (con il quale ebbe una lunga relazione sentimentale), partecipò al Comunale di Bologna alla prima italiana di Don Carlo (27 ottobre 1867); in seguito cantò nella nuova versione de La forza del destino (27 febbraio 1869), occasione in cui, probabilmente, Verdi – impegnato nelle vesti di direttore d’orchestra – ascoltò per la prima volta il soprano boemo. Da quell’incontro si fa risalire l’inizio della liason tra il Maestro e la Stolz, la quale – prossima alle nozze – piantò in asso Mariani e già a partire dal 1871 cominciò a frequentare Sant’Agata. Nel 1870 interpretò Elisabetta nel Don Carlo messo in scena da Verdi al San Carlo di Napoli e due anni più tardi quest’ultimo le affidò la parte di Aida nella prima italiana dell’opera omonima (8 febbraio 1872). La Stolz partecipò poi alla prima esecuzione della Messa da Requiem (22 maggio 1874) di Verdi, composizione con cui lasciò le scene alla Scala il 30 giugno 1879. l rapporti sempre più stretti nel corso degli anni Settanta tra Verdi e la Stolz suscitarono forti pettegolezzi che provocarono l’addolorata reazione della moglie del compositore, Giuseppina Strapponi. La Stolz si allontanerà a malincuore da Verdi favorendo il ristabilirsi della pace coniugale, ma in seguito diventerà fedele amica dei due anziani coniugi per i quali si rivelerà un importante sostegno, trascorrendo con loro lunghissimi periodi a Sant’Agata o alle terme di Tabiano e Montecatini. Dopo la morte della Strapponi a fine 1897, la cantante boema divenne inseparabile compagna di Verdi che seguì nei suoi spostamenti tra Genova, Milano e Sant’Agata. La Stolz terminò i suoi giorni a poco più di un anno di distanza dalla scomparsa del compositore.

Clarina Maffei
Clara nacque - figlia unica - da genitori appartenenti a due famiglie aristocratiche in un palazzo di via Arena, a Bergamo. Il padre, Giovanni Battista Carrara-Spinelli, discendeva dai Carrara di Bergamo, e più nello specifico dai Carrara-Spinelli di Clusone, cui spettò a partire dal 1721 il titolo di conte. All'età di nove anni Clara subì un primo trauma: la madre abbandonò la casa per andare a vivere con un altro uomo, e il conte decise di trasferirsi a Milano per sottrarsi ai pettegolezzi. Ottavia affidò la figlia alla contessa Mosconi a Verona. Dopo la morte della madre Clara si trasferì a Milano per completare gli studi e qui sposò, il 10 marzo 1832, Andrea Maffei, avvenente poeta trentino molto noto in città e in particolare negli ambienti mondani, di sedici anni più vecchio. Maffei apparteneva a una famiglia il cui rango nobiliare era inferiore rispetto a quello dei Carrara Spinelli, potendosi fregiare "soltanto" del titolo di cavaliere.
Nel 1834 Clara Maffei inaugurò uno dei salotti più prestigiosi di Milano, palcoscenico per le esibizioni private di musicisti del calibro di Liszt e Thalberg. Verdi frequentò il salotto di Clara Maffei tra il 1842 e il 1847, periodo in cui il compositore ebbe modo di conoscere – solo per citarne alcuni – il conte Opprandino Arrivabene, Carlo Cattaneo, Massimo d’Azeglio, Gaetano Donizetti, Felice Romani, Temistocle Solera e il giornalista Carlo Tenca, che influenzò molto il salotto e al quale la nobildonna si legò sentimentalmente dopo la separazione dal marito, avvenuta davanti al notaio Tommaso Grossi il 16 giugno 1846, alla presenza di Giulio Carcano e Giuseppe Verdi in qualità di testimoni. Sarà Clara Maffei, supportata dall’amica Giuseppina Strepponi, a organizzare nel 1867 l’incontro fra un timidissimo e impacciato Verdi e Alessandro Manzoni, avvenuto il 30 giugno 1868. La fittissima corrispondenza di Verdi con Clara Maffei testimoniano il rispetto del maestro per questa donna straordinaria.

Maria Waldmann (Vienna, 19 novembre 1845 – Ferrara, 6 novembre 1920)
Mezzosoprano. Maria Waldmann cantò in Don Carlo a fianco di Teresa Stolz a Trieste nel 1869 e a Napoli nel 1872. Al debutto italiano di Aida alla Scala (8 febbraio 1872) – con la Stolz nei panni dell’omonima eroina – fu una straordinaria Amneris, confermata in questo ruolo anche in altri spettacoli curati da Verdi per i principali teatri europei. Diviene ben presto una diva acclamata. Il fittissimo carteggio tra il Maestro e la cantante austriaca tocca solo tangenzialmente i successi e le produzioni che hanno fatto dell'artista una grande interprete verdiana, ma documenta aspetti di vita intima, soprattutto dopo il ritiro della cantante dalle scene a seguito del matrimonio con il conte ferrarese Galeazzo Massari. Come sempre la terza importante voce nello scambio epistolare è Giuseppina Strepponi che con la cantante mantenne un rapporto costante di stima e di sincera amicizia. La corrispondenza inizia nel 1873, quando Verdi è all'apice del successo, e termina nel 1900, poco prima della sua morte. Nelle lettere si intrecciano gli echi dei successi artistici, gli accenti di un affetto sincero unito ad una ammirazione incondizionata per il Maestro e per sua moglie, le confidenze, gli sfoghi e gli entusiasmi, le personali soddisfazioni e preoccupazioni. Per le nozze Verdi le donò una propria fotografia, scattata da Ferdinand Mulnier, con la dedica: «A Maria Waldman – E nel cambiar fortuna non cambi il suo cuor d’artista: né dimentichi Aida, la Messa e l’amico sincero – G. Verdi – Parigi 9 Giugno 1876»


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